Le dodici parole della verità che scacciano i diavoli

By 11:43 , , , , , , , , , , , , , , , , ,




Nella tradizione mediterranea esiste la preghiera delle dodici parole, tra leggenda, fiaba e verità. Usata in Sardegna per scacciare i temporali per un raggio di ben sette case (ricordo che nella tradizione popolare gli agenti atmosferici sono demoni) è favola in Grecia. Tante le credenze attorno questa filastrocca, presente anche nell'Islam e nell'ortodossia cristiana.
Ora attribuite a un Santo o a un altro Santo le dodici (in Grecia a volte ancora tredici) parole della verità sono riconosciute da tutti gli autori come tradizione precristiana di cui si è andata persa la memoria originaria anche se in alcune versioni (tra cui quella piemontese) se ne conservano tracce.

In Grecia.


C'era una volta una donna che non riusciva ad avere figli, estenuata dalle pressioni del marito pregò il diavolo chiedendo un figlio che avrebbe restituito quando avrebbe compiuto dodici anni.
Mentre il bambino cresceva la madre in silenzio piangeva. Dopo dodici anni di pianti il diavolo si presentò per riscuotere il patto, ma la madre era pronta ad accoglierlo.
Quando lo ebbe davanti pronunciò l'esorcismo che lentamente fece sprofondare il diavolo nella terra.

Uno è Dio padre, che il mondo salva e sorregge, e tu, nemico, sprofonda!
Due sono il sole con la luna. Uno è Dio padre.
Tre sono i tre patriarchi: Arco, Abramo e Giacobbe. Due sono.
Quattro sono i quattro evangelisti. Tre sono.
Cinque sono le cinque piaghe di Cristo. Quattro sono.
Sei sono i sei galli che cantarono a Galilea. Cinque sono.
Sette sono i sette candelieri che arsero nella grotta di Gerusalemme. Sei sono.
Otto sono le otto anime giuste. Sette sono.
Nove sono i nove cori degli angeli. Otto sono.
Dieci sono le decime di Cristo. Nove sono.
Undici sono gli undici profeti che profetarono Cristo. Dieci sono.
Dodici sono i dodici apostoli che accompagnarono Cristo. Undici sono.
Alto è il cielo, profondo il mare, il nemico possa sprofondare!

Titolo: A dekatria loja is alìssia, raccontata nel 1885 a Calimera e riportata dal Palumbro.


Piemonte

Usate per scacciare i diavoli.

El prim c'ha l'è stait an's mund
l'è stait nost car Signur

Dui la Luna e'l Sul
ma 'l prim c'ha l'è stait an's mund l'è stait nost car Signur.

Tre, tre Re Magi
Quattro, quattro Evangelisti
Cinque, sinc piaghe del Signur
Sei, ses gai ch'a cantu 'n Galilea
Sette, sette Sacramenti
Otto, otto Corpi Santi
Nove, nove Porte di Roma
Dieci, dieci Comandamenti
Undici, undici Stelle del sogno
Dodici, dodici Apostoli

Raccolte come canzone popolare dal compositore Leone Sinigaglia nel 1900

Sardegna
Usate per scacciare i temporali, fulmini e tuoni bisognava cantarle in cerchio tenendosi per mano, così non solo la casa e i suoi abitanti sarebbero stati protetti ma le sette case nelle vicinanze.
Nella versione sarda le parole sono riportate, come d'uso per alcune cantate popolari della zona, sotto forma di dialogo.
La particolarità delle sette case protette sembra richiamare a delle usanze legate, presumibilmente, al culto dell'ascia bipenne che si trasformò in leggenda e, gradualmente, in scongiuro contro i temporali. Alcune usanze precedenti dicono che i temporali donano una piccola accetta (sa seguredda 'e lampu, oppure de tronu) che se trovata protegge per sempre, per questo era uso nasconderla nei pozzi dove non poteva essere rubata e da cui avrebbe procurato pioggia durante le siccità. Questa proteggeva fino a sette case nel vicinato.

- Unu, chie est cust'unu?
- Custu est Martine in su fuchile nudu.
- E da chi ses Martine, de sas dòichi paràgulas adornadas mi nd'as a nàrrer una!
- Una: prus est Su Sole chi no est Sa Luna.
- Mi nd'as a nàrrer duas!
- Duas: pro sas duas tàulas de Moisè, canto Gesù Gristu abbascesi a pé in terra in Jerusalèm, nande Deus Babbu, Deus Fizzu, Deus Ispiridu Santu. Amen. Una, prus est Su Sole chi no est Sa Luna.
- Mi nd'as a nàrrer tres!
- Tre pro sas tres Marias, duas pro sas duas tàulas de Moisè, una... (si ripete la formula tornando indietro)
- Mi nd'as a nàrrer battor!
- Battor: pro sos battor evangélios, tre pro sas tres Marias, ecc.... (vedi sopra)
- Chimbe: mi nd'as a nàrrer  chimbe!
- Chimbe: pro sas chimbe pragas, battor pro sos battor evangèlios, ecc...
- Ses: mi nd'as a nàrrer ses!
- Ses: pro sas ses candelas, chimbe pro sas chimbepragas, ecc...
- Sette: mi nd'as a nàrrer sette!
- Sette, pro sos sette donos, ses pro sas ses candelas, ecc...
- Otto, mi nd'as nàrrer otto!
- Otto: pro sos otto coros, sette pro sos sette donos, ecc...
- Nove: mi nd'as nàrrer nove!
- Nove, pro sos nove ordinamentos, otto pro sos otto coros, ecc...
- Deche: nd'as nàrrer deche!
- Deche: pro sos deche cumandamentos, nove pro sos nove ordinamentos, ec...
- Undichi: pro nd'as nàrrer undichi!
- Undichi: pro sas undichimizza vergines, deche pro sos deche comandamentos, ecc...
- Doichi: nd'as nàrrer doichi!
- Doichi: pro sos doichi apostolos, undichi pro sas undichimizza vergines, ecc...
- Treichi: mi nd'as nàrrer treichi!
- Treichi non b'est in lè!
Mille e baranta passos a largu dae me!
In su mare prufundu, in su mare senza fundu, in su mare irfundau!

(Grazia Pasqua Salis, Oliena riportata da Dolores Turchi)

Lazio.

Uno è il Signore, che sempre ci aiuta.
Due sono le chiavi d'oro nel cielo.
Tre sono i patriarchi: Abramo, Isacco e Giacobbe.
Quattro sono le colonne che il mondo mantengono: Luca, Marco, Matteo e Giovanni.
Cinque sono le piaghe di Gesù.
Sei sono i galli che cantano in Galilea.
Sette sono i ceri che ardono a Gerusalemme.
Otto, è l'ottava di Maria Vergine.
Nove, sono i nove cori degli angeli.
Dieci, sono i dieci anni di Cristo.
Undici, la coronazione di spine.
Dodici, sono i dodici apostoli.

Le dodici parole arabe.

Uno è Dio.
Due, la notte e il giorno.
Tre: il baldacchino, il trono e la penna.
Quattro: il Pentateuco, l'Evangelo, il Salterio, il Corano.
Cinque: le preghiere.
Sei: i giorni.
Sette: i sette cieli.
Otto: i portatori di baldacchino.
Nove: le persone ricordate nella Sura.
Dieci: gli amici del profeta.
Undici: i fratelli di Giuseppe.
Dodici: i mesi dell'anno.

Nelle versioni osservate da Dolores Turchi l'autrice osserva quanto segue:
"Dovrebbe simulare una disputa tra la divinità pagana, ovviamente declassata a diavolo, e San Martino. Una sorta di sfida. La divinità pagana è chiamata Ola: molto probabilmente si trattava della Luna, che tanta importanza aveva per il mondo agrario. (...)
Con questo nome era chiamata la divinità ad Arquerì, dove ci si recava per chiedere ricchezze e per invocare la punizione contro gli spergiuri. (...)
Alcune versioni recuperate dalla Sardegna centrale recitano: Una: Su Sole est cantu Sa Luna; oppure: Beneìttu siat Su Sole cun Sa Luna; mentre una versione più cristianizzata, dunque più recente, recita: Una: prima su numere 'e Deus, ca Deus est Re e su mundu mantenet. Sole e Luna vengono quindi messi da parte e la preghiera prosegue con frasi fatte dalle sacre Scritture.(...)
Che inizialmente questo scongiuro fosse rivolto alla Luna lo si arguisce, oltrechè dal modo in cui inizia, anche dalla fine della formula, rimasta a lungo inalterata -...mi nd'as a nàrre treighi! La reazione di Martino è violenta: Treighi no est in l'è!."
Poco dopo la Turchi ricorda alcune delle domande che un prontuario del XV secolo dicevano cosa chiedere ai preti in confessionale: Si dimandasti alcuna grazia a lu Soli, Luna, Stilli...; Hai adoratu Luna, oi Suli, oi Stilli? (1953, da: Documenti etnografici dei sinodi della Sicilia, Sardegna e Corsica)

Considerata l'espansione mediterranea della formula, rivista e corretta localmente a me non può che tornare in mente il valore simbolico e mistico del numero dodici (12). Dodici erano le grandi divinità dell'Olimpo greco, quanto le fatiche di Ercole, ecc... e a 12 anni ci si poteva iniziare a molti misteri religiosi (i dodici anni del fanciullo nella leggenda greca che la madre ruba ai misteri antichi per donarlo al cristianesimo).



You Might Also Like

0 commenti